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Collezione

Un lodevole contributo: 34 opere di Morandi restaurate grazie all'Istituto Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna

l Museo Morandi possiede più della metà dell’intero corpus incisorio prodotto dall’artista, così come conserva un numero rilevante di disegni realizzati a partire dal 1907 fino ad arrivare al 1964, anno della morte di Morandi. Tutti questi fogli, salvo pochissime eccezioni (così dicasi per acquisti del Comune di Bologna, ecc.) sono il frutto della straordinaria donazione che Maria Teresa Morandi, ultima sorella dell’artista, volle elargire al Comune di Bologna in occasione della nascita del Museo Morandi , ma anche del suo legato testamentario grazie al quale la collezione si arricchì di ben ventisei disegni. Da quel momento quelle opere entrarono a far parte del patrimonio comunale e al museo spettò il doveroso compito di valorizzarle, esponendole pubblicamente, ma prima di tutto di dedicarsi alla loro conservazione, assicurando in tal modo la loro sopravvivenza e il loro futuro. E’ così che grazie al contributo messo a disposizione dall’Istituto Beni Culturali, si è potuto affidare alle mani esperte della restauratrice Mariella Gnani un piccolo nucleo di questi disegni (28) e di queste acqueforti (6) bisognose di, seppur lievi interventi di restauro, nonché di montaggi atti alla conservazione. C’è in questo gruppo di opere una serie quasi inattesa di ritratti e perfino di particolari anatomici: un paio di mani, ad esempio; e i volti delle sorelle, dell’amico Giuseppe Raimondi e di suo padre Torquato. Ma vi sono soprattutto alcune Nature morte, una dozzina, realizzate da Morandi tra il 1923 e il 1953, mentre più tardi, ossia datati tra il 1960 e il 1962 sono cinque Paesaggi di Grizzana. Di questi e di altri disegni, intenzionalmente dalla linea incerta e tremolante, hanno ovviamente scritto con la competenza che ognuno riconosce loro, critici di alta fama: da Raimondi a Brandi, da Valsecchi ad Argan. E quindi a noi non restano parole da aggiungere. Resta però il compito di rilevare quanto essi siano a volte vicini, ma a volte assai lontani, da ciò che Morandi contemporaneamente realizzava sulla tela. Con la matita l’artista dà vita a composizioni finite e persino accurate, ma a volte alcuni contorni non vengono volutamente tracciati perché l’autore lascia alla luce il compito di definirli. Se poi li osserviamo uno ad uno scopriamo come tripartisce la verticalità di un foglio e, a mo’ di studio, delinea tre varianti della stessa natura morta oppure servendosi dell’inchiostro schizza velocemente una composizione che nulla ha in comune con l’attento e calibrato tratteggio delle coeve acqueforti. Sicuramente più toccate dal tempo e dall’esposizione continua alla luce sono invece i sei fogli incisi, tre dei quali, particolarmente significativi per Morandi, se li volle appesi nel suo studio, mentre invece non dovette soddisfarlo appieno il ritratto di sua sorella Maria Teresa inciso all’acquaforte nel 1928 e per questo tirato in poche copie: un solo esemplare numerato e due prove di stampa. Il foglio originariamente rimasto a Maria Teresa risulta strappato volontariamente a riprova del fatto che Morandi ripudiò questa serie come ebbe a scriverne Lamberto Vitali introducendo il suo volume dedicato all’opera grafica morandiana.

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